lunedì 3 ottobre 2016

Mi rivolto dunque siamo

Invece Camus è uno che sarei disposto a seguire ovunque vada, per inguaribile affetto, perché è nato in una Mondovì pure lui e perché ho la sensazione che riesca ad essere comunque dalla parte giusta, anche quando magari sbaglia. Perché riconosce che non è sicuro di capire tutto e fa professione di ignoranza non per screditare qualunquisticamente la riflessione, ma proprio per pungolare quegli ignoranti che hanno sempre la risposta pronta. Perché non si vergogna di dire che alla radice della motivazione, anche politica, non possono esserci grafici e ragionamenti, bensì la forza dell’amore e dell’indignazione – ma non l’indignazione pelosa di chi si arrabbia solo quando toccano i “suoi” e distingue fra schiavi e schiavi, dal momento che la libertà o è per tutti o non è per nessuno. Perché intuisce, già nel ’46, che il carattere globale della tragedia richiede risposte esclusivamente globali. Perché avverte l’esigenza etica fortissima di dare voce al dolore e di dare un nome a chi muore per la libertà. Perché riconosce che, nella lotta, non possiamo fare a meno di valori positivi: il sì e il no, il nichilismo e l’amore per la vita o vanno a braccetto o diventano trappole mortifere. Perché in questo modo riesce a essere a un tempo solitario e solidale. Perché sa che non esiste niente di puro, ma non per questo decide che tutto è impuro. Perché parla di utopie modeste, imperniate più su uno stile di vita che su un’ideologia (in cui l’esempio si oppone alla forza, la predicazione al dominio, il dialogo all’insulto, l’onore alla furberia), e constata però che questo è anche l’unico approccio davvero realistico, poiché un’alternativa semplicemente non c’è, in quanto la rovina mondiale (prospettata a suo tempo da un possibile conflitto totale fra le superpotenze) non può essere considerata una soluzione. «Salvare ciò che è ancora salvabile, per rendere il futuro quanto meno possibile», ecco il suo imperativo morale. In questo modo dà una chance anche a chi ha le idee confuse, come me. Tranquilli, dice, si può agire senza ricette: «non sarà male se alcuni si daranno il compito, nel corso della storia apocalittica che ci attende, di preservare la modesta riflessione che, senza pretendere di risolvere tutto, sarà sempre disponibile, in qualunque momento, a dare un senso alla vita di tutti i giorni». Esempi di tale atteggiamento, che lui chiamava "rivolta" per distinguerlo da "rivoluzione", sono abbondantemente disseminati nei saggi che compongono questa fulminante raccolta.

(finito il 21 luglio 2016)

Ho parlato di



Albert Camus
Mi rivolto dunque siamo
Scritti politici
(Eleuthera 2015)

trad. di G. Lagomarsino

144 pp. | 13 €

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