Ammetto di aver sempre avuto una particolare predilezione per quelli che Parmenide avrebbe definito con sarcasmo “uomini dalla doppia testa”. Non che mi piaccia avere a che fare con chi cambia idea dalla sera alla mattina, né tantomeno amo discutere con chi si autocontraddice in modo così spudorato da non potere mai avere torto, ma ho sempre pensato che una qualità essenziale dell'intelligenza consista appunto nella capacità di mantenere sempre aperta un'alternativa all'ordine del proprio discorso, pena il rischio di irrigidirlo irreversibilmente in dogma, peggio ancora in tormentone, e ridurre noi stessi a macchietta anziché sapiens. Ci sono pur sempre delle differenze tra Socrate con il suo demone e tutta la cabala dei sofisti, anche se non è sempre facile coglierle a un primo sguardo. Scriveva Montaigne in quel passo luminoso che guida il mio cammino: «se la mia anima potesse stabilizzarsi, non mi saggerei, mi risolverei. Essa è sempre in tirocinio e in prova».
Ciò detto, si capisce perché abbia provato immediata simpatia per il “simpatizzante” che dà il titolo a questo libro e che così si presenta all'inizio di quella che – come si capirà – è a tutti gli effetti una confessione, un disperato tentativo di provare a fissare gli indefinibili contorni della sua eccentrica personalità: «sono una spia, un dormiente, un fantasma, un uomo con due facce. E un uomo con due menti diverse, anche se questo probabilmente non stupirà nessuno. Non sono un mutante incompreso, saltato fuori da un albo a fumetti o da un film dell'orrore, anche se c'è chi mi ha trattato come se lo fossi. Sono semplicemente in grado di considerare qualunque argomento da due punti di vista antitetici». Se lo ritenga un pregio o un difetto, un punto di forza o di debolezza saranno le successive cinquecento pagine a cercare di mostrarcelo, senza riuscirci peraltro fino in fondo, perchè se no il giochetto salterebbe per aria (quello che invece è certo è che per i suoi avversari, che ragionano con l'accetta, si tratta di una colpa imperdonabile: sei «una strana creatura che riesce a vedere tutte le cose da due prospettive diverse. La gente come te deve essere purgata perché rischia di contaminare e distruggere la purezza rivoluzionaria»).
Le ragioni di questa peculiarità cognitiva è presto detta, inscritta com'è nel destino personale di quest'uomo, di cui per tutto il libro, significativamente, non salta mai fuori il vero nome (l'appellativo preferito è “il Capitano”, per ragioni di gerarchia militare, e pertanto ne farò uso anch'io, sforzandomi di non pensare a quell'altro sedicente capitano che - al contrario - in un solo, unico, inesorabile e prevedibile modo pensa, parla e scrive, come un generatore automatico di post di se stesso). Figlio irregolare di un missionario francese e di una ragazza vietnamita - e dunque già bastardo per i suoi stessi compatrioti, che lo prendono per uno straniero, non diversamente da come fanno gli occidentali, per i quali un asiatico è ovviamente sempre e solo un cinese - una volta cresciuto, il Capitano si affilia segretamente ai vietcong e da loro viene inviato in America come borsista allo scopo di studiare la mentalità del nemico (tesi di laurea a Berkeley su “Miti e simboli nella narrativa di Graham Greene”), diventando infine un agente sotto copertura nella cerchia di collaboratori più stretti di un Generale del Sud, che se lo porta con sé in California dopo la caduta di Saigon, dove continua a fare l'informatore segreto dall'interno della comunità di esuli, costretto a fingere quotidianamente di essere quello che non è al punto da non riuscire poi più esattamente a capire bene quello che davvero è. Nel suo percorso formativo si mescolano infatti la Bibbia, le direttive della CIA e gli aforismi di Ho Chi Min, le canzonette pop americane e i testi fondativi del marxismo-leninismo, la giustizia sociale e l'edonismo borghese, in un intreccio inestricabile che rende impossibile fornire una risposta definitiva al dilemma sulla sua identità. Come era solita ripetergli la madre: «ricorda, tu non sei la metà di nulla, tu sei due cose insieme!».
Il Grande Romanzo Americano approda così alla sua versione 2.0 trasformandosi in Grande Romanzo Meticcio, un po' The Americans, un po' Montesquieu., avventuroso e saggistico in egual misura. Certo, qui si parla di Vietnam e boat people – l'autore stesso è un accademico statunitense originario dell'Indocina – ma in filigrana si può vedere il nostro tempo, con gli immigrati di seconda generazione e le nazionali multietniche che non fanno che rendere evidente quello che in realtà è un dato di fatto, direi quasi biologico, che ci riguarda tutti o quasi: «la maggior parte degli esseri umani è composta da tante pagine diverse, e non da una sola». Il problema è che è così semplice costruire delle categorie e discettarci sopra come se fossero realtà effettive. L'Oriente e l'Occidente, l'americano e il vietnamita, i valori degli uni e quelli degli altri, l'islamico e il cristiano, dove il gioco resta in mano a chi ha il potere di costruire questo genere di rappresentazioni e di offrirle al resto mondo, magari sotto forma di blockbuster, perché ne tragga le volute conseguenze. Effettivamente, c'è da uscirne un po' frastornati da questa perenne ambiguità e a causa del suo continuo doppio gioco anche il Capitano perderà più di una volta l'innocenza, finché i casi della vita e la fedeltà a un legame di sangue e di amicizia lo riporteranno in Vietnam. Qui andrà incontro a un'ulteriore maturazione che lo spingerà, nelle ultime pagine del libro, ad adottare addirittura la prima persona plurale per parlare di sé. «L'unica, vera illusione ottica è quella che ci fa vedere gli altri e noi stessi come entità indivise e integre, come se essere sempre a fuoco fosse una condizione più autentica rispetto all'essere sfocati». E forse sì, ciò che oggi ci spaventa non è tanto “l'altro” in sè, per il quale si potrebbe provare anche una tranquilla indifferenza, quanto il fatto che esso porti a galla qualcosa che è sempre stata parte di noi, ma non siamo mai stati capaci di accettare fino in fondo.
(finito il 3 agosto 2018)
Ho parlato di
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Viet Thanh Nguyen
Il simpatizzante
(Neri Pozza, 2016)
trad. di L. Briasco
512 pp. | 18 €
(ed. or.: The Sympathizer, 2015)