Credo che, per motivi che saranno subito evidenti, se mai ne avesse avuto notizia, il professor Stephen Greenblatt di Harvard non avrebbe disdegnato di versare alla SIAE il dovuto obolo per richiedere a Max Gazzé il permesso di intitolare questo libro La favola di Adamo ed Eva. Quel che probabilmente non avrebbe accettato, di quella canzone, è l’insistenza con cui la favola suddetta vi era presa a modello di ciò a cui è disposto a credere “un uomo così divertente ed ingenuo” come quello contemporaneo, come se si trattasse di un contrassegno della sua dabbenaggine. Perché – questo l’assunto di base del testo, chiarito sin da pagina due – «gli uomini non sanno vivere senza storie», e ne dipendono a tal punto che persino il trito e ritrito mito dell’Eden può paradossalmente acquistare in forza quanto meno pensiamo che sia una cronaca di ciò che effettivamente sarebbe accaduto all’inizio dei tempi e quanto più ne riconosciamo, invece, il carattere puramente narrativo. «Adamo ed Eva incarnano il potere misterioso e tenace della capacità narrativa umana. (…) L’essere umano plasmato nell’argilla diventò una creatura vivente, si legge nella Bibbia, quando gli soffiarono l’alito della vita nelle narici. In questa scena mitica è codificata una poderosa verità. A dare la vita a Adamo in un determinato momento di un lontanissimo passato fu un respiro, quello di un narratore». Che è poi la consapevolezza che abbiamo progressivamente acquisito man mano che l’interpretazione letterale del racconto e la «persuasiva vividezza» di Adamo ed Eva hanno cominciato a mettere a fuoco «in maniera sempre più precisa e sgradevole i problemi etici che per lungo tempo avevano infestato la loro storia: l’inesplicabile passaggio da una perfetta innocenza alla malvagità, una proibizione divina che impediva la conoscenza necessaria per obbedire a quella stessa proibizione, terribili punizioni universali per quella che appariva come una modesta trasgressione locale», ossia tutte quelle «crepe che erano sempre esistite nella loro storia», ma che si erano sempre accettate perché, in fondo, «era meglio pensare che i conti fossero tenuti con estrema scrupolosità da un Dio onniveggente, seppure così adirato con l’umanità da diventare un assassino, piuttosto che credere in un Dio indifferente o assente».
L’«enorme investimento dogmatico» fatto per secoli su questo racconto impedì qualsiasi ritirata strategica nell’allegoria (come suggerito, ai tempi, da Origene), quando i dubbi cominciarono a diventare sempre più insostenibili. Al contrario, «il realismo sollecitava, anzi imponeva, domande pericolose», come quelle formulate da La Peyrère, Bayle o Voltaire, che le risposte consuete non erano più in grado di soddisfare, finché Darwin non diede loro il colpo di grazia definitivo, rivelando l’«inquietante assenza di una trama, di una forma estetica» nell’evoluzione umana. Da quel momento in poi, «l’uomo e la donna nudi nel giardino, con strani alberi e il serpente parlante, sono tornati nella sfera dell’immaginazione da cui erano originariamente emersi». Ma, appunto, «questo ritorno non ne cancella il fascino né li rende indegni. Anzi, la nostra esistenza sarebbe sminuita senza di loro. Essi restano un modo potente, persino indispensabile, per pensare all’innocenza, alla tentazione e alle scelte morali, all’attaccamento per un compagno amato, al lavoro, al sesso e alla morte». Come i protagonisti dei grandi miti che siamo già da tempo abituati a chiamare così, come Odisseo ed Enea, Pandora e Prometeo, Lancillotto ed Orlando, anche Adamo ed Eva «possiedono la vita – la peculiare, intensa, magica realtà – della letteratura». Per questo è sensato – ecco finalmente il corollario – che ad occuparsene ora, dopo che per secoli lo hanno fatto teologi, artisti e poeti, sia appunto uno studioso di letteratura.
Di per sé applicare un approccio narratologico all’esame della Bibbia non è più uno scandalo – persino i teologi ormai lo raccomandano. Qualche perplessità in più la può lasciare, invece, il fatto che l’intera storia degli effetti del mito di Adamo ed Eva venga trattata anch’essa, sostanzialmente, come un romanzo, a partire dalla genesi della Genesi (una forma di controcanto, ironico e puntuale, da parte degli ebrei in esilio, ai racconti dell’origine diffusi a Babilonia), proseguendo poi attraverso la ripresa di diversi episodi significativi dell’arte, della spiritualità e della letteratura in cui la storia dell’Eden ha svolto una funzione centrale. Simili operazioni, che spaziano con disinvoltura (troppa disinvoltura?) dai papiri gnostici alla biologia evolutiva, sono infatti molto utili nella misura in cui il loro taglio interdisciplinare ti apre la mente, ti suggerisce delle connessioni da esplorare e ti suscita la curiosità di approfondire il discorso andandoti a leggere altri libri, fra i tantissimi che qui vengono citati e commentati (uno su tutti, il Paradiso Perduto). Il loro peccato originale (perdonatemi) è però che essi sembrano volerti dare l’impressione di racchiudere invece già tutto quello che serve sapere su una data questione – con l’aggravante, in questo caso, che i diversi autori su cui ci si sofferma, per esempio Agostino e Milton (a cui sono dedicate pagine davvero suggestive, specie per me che ne sapevo poco), sono descritti in modo estremamente affascinante, perché chi scrive ha talento affabulatorio, ma saranno poi veramente loro o non piuttosto, anch’essi, dei “personaggi” funzionali alla “storia sulle storie” che Greenblatt intende raccontarci per soddisfare la nostra esigenza di ascoltare dei racconti? Qualche sospetto qua e là viene. Ciò non guasta la lettura: basta solo ricordarsi sempre che sotto la scorza suadente di una confezione elegante, alla fin fine, il frutto che stiamo mangiando è pur sempre un bignamone ben fatto.
P.s. Nel riprenderlo in mano, mi sono reso conto che questo è stato l’ultimo libro letto praticamente per intero in treno, andando e tornando da scuola, in quel tempo che sembra lontanissimo in cui esisteva il pendolarismo.
(finito il 25 gennaio 2020)
Ho parlato di
Ascesa e caduta di Adamo ed Eva
(Rizzoli, 2017)
Trad. di R. Zuppet
478 pp. | 22 €
(ed. or.: The Rise and Fall of Adam and Eve, 2017)