Farsa in cinque atti che attinge al repertorio del genere (travestimenti e riconoscimenti, scambi di identità, equivoci più o meno grotteschi) per allestire uno spaccato satirico di quella che - come da sottotitolo - più che una belle époque appare piuttosto una sotte époque. Il tutto condotto però senza sbracare, con penna controllata e sapientemente ironica, leggera e feroce a un tempo, quasi epigrammatica. Più che personaggi abbiamo maschere, che Gide si diverte a far interagire, da novello puparo, per sbeffeggiare – direi – la frivolezza delle convinzioni apparentemente più solide: prova ne siano la conversione e riconversione dello scienziato ateo militante che diventa fervente cattolico, ma poi ci ripensa – dove non c’è nulla del tetro e pensoso arrovellarsi dei romanzi di Dostoevskij, per dire (cui allude anche il personaggio forse più approfondito del lotto, quel Lafcadio che sembrerebbe compendiare in sé Rimbaud, Zarathustra e Raskolnikov, salvo chiedersi, dopo l’ennesima piroetta, assaporando un’alba romana, se davvero valga la pena pentirsi di quello che ha fatto - e che cosa non ha fatto!: «lontano, nelle caserme, cantano le trombe. Come! Vorrebbe rinunciare a vivere?»). Senza averlo preventivato, ti ritrovi per mano un libro perfetto per tempi di post-verità. Tutto più o meno ruota, infatti, sulla bufala diffusa ad arte dai massoni secondo cui i massoni stessi, ben radicati oltre Tevere, avrebbero sostituito il povero Leone XIII con un sosia nelle loro mani, a cui sarebbero da imputare tutte le aperture liberaleggianti e nel fondo anticristiane del suo pontificato (così giudicate dai farisei di allora, molto apprezzate invece dai gesuiti – e sembra di leggere le cronache odierne: se non ci si può fidare neanche del papa, di chi ci si potrà fidare?). Roba su cui farci al massimo una puntata di Voyager, d'accordo. Eppure, è una bufala dannatamente performativa, che mette in moto un intreccio pittoresco, compreso il progetto donchisciottesco del ragazzotto di campagna imbarcatosi nientemeno che nella gloriosa missione di liberare il papa recluso nelle segrete del Vaticano press’a poco dopo aver ricevuto la notizia del suo rapimento come la potremmo leggere oggi su un account fake di Twitter. Insomma, la vita non è logica, ma più che a un dramma assomiglia a un teatrino (anche se, detto alla vigilia della Grande Guerra, stride un po’). Peccato solo arrivare un secolo dopo e non cogliere le allusioni più sottili a un mondo che per Gide era paesaggio quotidiano (noi dovremmo immaginarci in filigrana gli Adinolfi, i Magdi Allam, i Salvini e gli altri peracottari del variopinto serraglio che è toccato in sorte alla nostra generazione).
(finito il 5 gennaio 2017)
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