mercoledì 21 marzo 2012

Un caso di spionaggio bioartigianale

  Si legge nelle antiche Historie de' Filosofi che il sapientissimo Apollonio Tianeo, nonostante che fosse letteratissimo e dottissimo Filosofo e molto esperto nelle cose della Naturale Filosofia, si partì di Grecia, passò il mar Rosso, caminò le grandi Indie e peregrinò quasi tutto il mondo e non ad altro effetto che per haver intiera cognitione di tutte quelle cose che a' Filosofi si appartengono. Non dirò di Hippocrate Greco, di Galeno Pergameno, di Plinio, di Trogo, di Laertio e infiniti altri, quai tutti caminarono il mondo per tale effetto: e io ad imitatione di questi tali, già molti anni sono che mi partì della mia dolce patria Bologna e cominciai a caminar la terra e solcare il mare, vedendo molte città e Province e praticando con diverse qualità di gente, medicando molti huomini e donne di diverse sorti di infermità: e fra questo tempo, ho voluto avere cognitione di tutte le scienze e arti che in queste nostre parti di Europa si usano, come nel mio Specchio di Scientia universale si può vedere. E tutto questo ho fatto non ad altro effetto se non per spogliarmi della ignoranza, nella quale molti siamo involti: e vestirmi di virtù e conoscenza delle cose, praticando sempre con Reverendi Theologi, con Filosofi, Medici, Cirugici, distillatori e tutte sorti di esperimentatori: mediante i quali sono interamente venuto prima in cognitione della santa fede cattolica del nostro Signore Christo Giesù e poi della filosofia e altre scienze e arti, delle quali ho conosciuto la verità del tutto; e subito venuto in tal cognitione, mi son messo a scrivere gli otto volumi, quali ho dato in luce, scoprendo in essi molti abusi e mostrando la verità a tutti, e massime nella medicina e cirugia, arti le più importanti di tutte l'altre, perciò che con quelle si conserva la vita degli huomini.

Ritratto di Fioravanti
  Comincia così, dopo un'eterna e vagamente fantozziana carrellata di epistole dedicatorie (nell'ordine: alla Signoria di Lucca, agli "huomini eccellentisimi in diverse professioni quali al presente vivono", al molto magnifico dottor Alfonso Barozzi ferrarese, ai magnifici scolari Artisti di Padova, all'eccellentissimo dottor Girolamo Capo di Vacca, al dottor Bernardin Trivisano, al molto magnifico dottor Francesco degli Alessandri di Asti, all'eccellentissimo dottor Decio Bellobuono napoletano, agli "huomini eccellenti in diverse professioni", evidentemente diversi da quelli di prima, al sacrosanto Collegio degli Artisti dell'alma Bologna, ai magnifici scolari dello studio dell'alma Bologna, al maestro dottor Conte di Monte vicentino) il Tesoro della vita humana del medico bolognese Leonardo Fioravanti (1518-1588), stampato per la prima volta a Venezia nel 1570. Fioravanti è un personaggio interessantissimo: un po' medico un po' avventuriero, un po' filosofo un po' cialtrone, guascone d'indole e chiacchierone per vocazione, per circa un decennio, dal 1548 al 1558, risalì la penisola italiana dalla Sicilia al Veneto cimentandosi tra le altre cose come medico militare nella sfortunata spedizione di Tripoli da parte dell'esercito imperiale (1551) e come medico cortigiano in alcune ricche case di diplomatici accreditati presso la corta papale. Stabilitosi a Venezia, cominciò a divulgare con grande acume editoriale i propri scritti, accreditandosi come titolare di un vastissimo sapere maturato sul campo attraverso centinaia di esperienze e di incontri effettuati nel corso nei suoi viaggi. In pagine animate da un'eccezionale sicurezza di sé, Fioravanti promette di curare le malattie più pericolose grazie a rimedi da lui stesso escogitati, a cui appioppava nomi misurati come quinta essenza, olio philosophorum, lattuario angelico e magna medicina (capace, a suo dire, di guarire nientemeno che tutte le infermità).

  Le opere di questo medico, scritte in un italiano freschissimo e così piene di vita vissuta, andrebbero lette direttamente come una sorta di romanzo picaresco (e per chi ne ha voglia, grazie a Google Books, è possibile farlo con relativa comodità). In alternativa, esiste una bella biografia di Piero Camporesi che, in omaggio a un'espressione tipica di Fioravanti presente anche nel passo che ho citato in apertura, si intitola Camminare il mondo. Dei mille e uno episodi che si potrebbero ripescare da quel pozzo di aneddoti, ne ho scelto qui uno in particolare, che ho sempre trovato curioso e che dà un'idea delle malizie che caratterizzano il mondo degli artigiani e dei tecnici del '500.

Veduta di Tropea, oggi
  Alla fine del capitolo 26 del secondo libro del Tesoro, messer Leonardo racconta che, prima di recarsi da Messina a Napoli, com'era nelle sue intenzioni, decise di passare per Turpia - ossia Tropea - attiratovi dalla fama di due fratelli, Pietro e Paolo, «huomini nobili e facoltosi in quella città, e cirugici dignissimi, i quali facevano il naso a coloro che per qualche accidente l'havevano perduto». Erano costoro infatti gli eredi di una dinastia di medici, quella dei Vianeo, che aveva saputo guadagnare rinomanza europea perché gelosissima depositaria di quello che nella lingua del tempo veniva definito un "secreto", ossia (riprendo dal Vocabolario della Crusca del 1626) «qualche ricetta, o modo saputo da pochi, d'operar qualche cosa». Siamo in un'epoca in cui tecnici di vario genere cercano di sopravvivere mostrando di possedere capacità che altri non hanno (lo stesso Fioravanti scrisse un Compendio de' secreti rationali). Si tratta in molti casi di presunte competenze astrologiche o magiche, in altri di conoscenze relative ai propri settori professionali, dalla matematica alla medicina: perfino il metodo di risoluzione delle equazioni cubiche diventa occasione per pubbliche tenzoni, non a colpi di spada bensì di problemi matematici. Chi invece continuava a risolvere le questioni alla vecchia maniera cavalleresca del duello (siamo pur sempre in una società nobiliare) doveva spesso fare i conti con tagli, sfiguramenti e vere e proprie mutilazioni che potevano rendere difficoltosa la vita di società. Ad essi si rivolgevano appunto i fratelli Vianeo, chirurghi estetici ante-litteram, ideatori di una vera e propria forma di rinoplastica naturale che fruttava loro non pochi quattrini. Figurarsi se Fioravanti, avido come s'è detto di nuove conoscenze e smanioso di metter le mani su ritrovati altrui, non faceva loro visita, «con animo di vedere se io poteva in qualche modo sapere come questi tali operavano nel fare tale operatione». Detto in altri termini, per rubar loro il brevetto.

  A questo punto la storia assume un contorno romanzesco. Fioravanti sapeva benissimo che se avesse rivelato la sua identità e la sua professione poteva tranquillamente scordarsi di strappare la minima informazione ai due colleghi. Decise perciò di presentarsi loro, in compagnia di un servo, nelle vesti di un gentiluomo bolognese giunto fin lì per conto di un ipotetico amico lombardo cui era stato tagliato via il naso nella battaglia di Serravalle (2-4 giugno 1544) e che era perciò interessato a un eventuale intervento chirurgico. Venuto a sapere che i due medici calabresi avevano ricevuto lettere che annunciavano l'arrivo del figlio di un senatore bolognese rimasto ferito in uno scontro privato, Fioravanti affermò di voler salutare il concittadino e, con questa scusa, prese a frequentare quotidianamente casa Vianeo, dove gli fu proposto di assistere ai trattamenti che vi venivano effettuati, giacché nessuno temeva che un nobiluomo potesse essere interessato a replicarli. Il suo vero colpo di genio fu comunque quello di manifestare aperto disgusto per quella pratica, stornando così ulteriormente ogni sospetto; e se una volta girava la faccia, quella dopo gettava una fugace occhiata professionale memorizzando i vari passaggi della procedura: «fingendo di non poter veder tal cosa, mi voltava con la faccia a dietro, ma gli occhi vedeano benissimo. E così viddi tutto il secreto, da capo a piedi e lo imparai». Fu con questo stratagemma deontologicamente non proprio corretto che i fratelli Vianeo persero la loro posizione di monopolio. O almeno così Fioravanti ce la racconta, dal momento che - pare - i suoi tentativi di ripetere l'intero processo non devono essere stati particolarmente efficaci. Ma la pubblicità è l'anima del commercio e quale miglior sistema di autopromozione che raccontare di avere appreso il proprio metodo direttamente dai chirurghi più famosi del tempo?

  Sì, ma di che si trattava esattamente? - diranno i miei trecentoventiquattro lettori. Lascio la descrizione allo stesso Fioravanti:

la prima cosa che costoro facevano ad uno quando il volevano fare tale operatione lo facevano purgare e poi nel braccio sinistro tra la spalla et il gomito, nel mezo pigliavano quella pelle con una tenaglia, e con una lancetta grande passavano tra la tanaglia et la carne del muscolo et vi passavano una lenzetta o stricca di tela e le medicavano fin tanto che quella pelle diventava grossissima. E come pareva a loro che fosse grossa a bastanza, tagliavano il naso tutta pare e tagliavano quella pelle ad una banda e la cusivano al naso e lo ligavano con tanto artificio e destrezza che non si poteva muovere in modo alcuno fin tanto che la detta pelle non era saldata insieme col naso. E saldata che era, la tagliavano a l'altra banda e scorticavano il labro della bocca e vi cusivano la detta pelle del braccio e la medicavano fin tanto che fosse saldata insieme col labro. E poi vi mettevano una forma fatta di metallo, nella quale il naso cresceva a proportione e restava formato ma alquanto più bianco della faccia. E questo è l'ordine che questi tali tenevano nel fare i nasi. E io lo imparai tanto bene quanto loro istessi. E così volendo lo saprei fare, e è una bellissima pratica e grande esperienza.

post scriptum: rileggendo per bene quest'ultimo brano, non propriamente limpido, dopo un conciliabolo con un amico, siamo giunti alla conclusione che forse Fioravanti non aveva visto poi così bene... per la gioia dei suoi pazienti...

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