domenica 12 novembre 2017

Il Cerchio

Come tutti i miei coetanei, ho avuto un’infanzia analogica e un’adolescenza appena appena predigitale. Vent’anni fa si cominciava giusto ad annusare internet, coi cellulari (per chi ce li aveva) ci si facevano gli squilli, nei tre mesi estivi delle vacanze spesso e volentieri perdevi tutti i contatti coi tuoi compagni di scuola, anziché conoscere quotidianamente il menu dei loro pasti alle Seychelles o ad Acapulco. Non era necessariamente meglio: sono però convinto che tante storie sarebbero finite molto diversamente se si avesse avuto già a disposizione Whatsapp. Di certo si tratta del più rapido salto tecnologico della storia, coi Commodore 64 che in pratica sono già diventati pezzi da museo al pari di un vaso etrusco. Non è detto perciò che la nostra intelligenza riesca a stare al passo coi tempi.

Questo romanzo ci proietta in un futuro imminente, in cui è stata inventata l’app-fine-di-mondo, TruYou, l’account globale che dà accesso a tutto e ci rende accessibili a tutti, opera magna di un’azienda fittizia chiamata The Circle (che è come dire Apple, Google e Facebook messe assieme), il cui motto è appunto quello di “chiudere il cerchio”, connettere una volta per tutte l’intera umanità in un’unica, suprema, coscienza digitale: lo Spirito oggettivo 2.0, nuovamente de-materializzato. Il libro si apre introducendoci passo passo, al seguito della protagonista, Mae Holland, al suo primo giorno di lavoro nell’immenso campus dell’azienda, una vera e propria città nella città (ricalcata su Cupertino), divisa per settori chiamati con i nomi delle grandi epoche della storia e in cui non passa giorno senza la visita di questa o quella celebrità dell’arte o della cultura, come un workshop ininterrotto. I vialetti sono punteggiati di mattonelle con incitamenti motivazionali che sembrano uscite da un discorso di Renzi (“Sogna”, “Innova”, “Immagina”, etc.) ed anche il vecchio “Servizio Clienti” qui è stato ribattezzato suasivamente “Customer Experience”. Per i dipendenti del Cerchio è pressoché impossibile scindere sfera lavorativa e sfera personale: come si capirà ben presto, l’attivismo compulsivo sui social è parte integrante della loro professione, mentre il lassismo partecipativo è percepito come un vero e proprio atto di ostilità meritevole di richiamo disciplinare (eccessivo? ma quanto ci lamentiamo se uno non risponde subito ai nostri messaggi...). L’edificio stesso in cui ha sede l’ufficio di Mae (il Rinascimento) è un immenso panopticon in cui tutti vedono tutti. Tra uno zing e l’altro (l’equivalente romanzesco dei tweet e dei like), al Cerchio si imbastiscono progetti avanguardistici quali l’eliminazione definitiva della moneta nella sua forma materiale, ma anche vagamente surreali come il calcolo dei granelli di sabbia del Sahara (perché? Per vedere se si può fare, anzitutto). Al vertice di questa impresa colossale regna una sacra Trinità composta da tre persone ben distinte, in un certo senso ipostasi di altrettanti distinti approcci all’innovazione tecnologica: Ty Gospodinov, il giovane nerd inventore dell’algoritmo alla base di TruYou, vivo ma (paradossalmente) del tutto invisibile ai radar, forse soggetto a sindrome di Asperger; Eamon Bailey, il volto pubblico e pulito della ditta, keynote speaker delle convention di presentazione dei nuovi prodotti, sinceramente liberal e convinto del potere emancipatorio dei nuovi media; Tom Stenton, lo squalo della finanza amante dei Transformers, una sorta di Tony Stark senza il lato eroico, estremamente efficace nel convertire in dollari sonanti le idee via via immaginate dai creativi della ditta.

Poste più o meno queste premesse, Eggers imbastisce un romanzo piuttosto lineare nella trama, a tratti persino un po’ stucchevole, non privo però di buoni momenti, ma soprattutto spericolatamente ambizioso nello sforzo di ragionare su un tema oggettivamente problematico, partendo da fenomeni attualmente in corso su scala ridotta e ingigantendoli per poterli mettere meglio a fuoco, come nella classica tradizione della letteratura u-distopica – e nel far questo, a mio avviso, centra il bersaglio (niente da fare, dobbiamo leggere gli americani per capire come sta girando il mondo). Il cuore teorico della questione viene dipanato in un concitato dialogo dal sapore quasi socratico tra Bailey e Mae, attraverso il quale si prende spunto dalla vecchia questione platonica che nella Repubblica era riassunta con il racconto dell’anello magico di Gige (in sostanza: “come ci comporteremmo se sapessimo che nessuno ci può vedere?”) per giungere maieuticamente a giustificare le tre regole d’oro della nuova era digitale, rilettura aggiornata e più sottile degli slogan del SocIng orwelliano: non più «la guerra è pace», «la libertà è schiavitù», «l’ignoranza è forza», bensì «i segreti sono bugie», «condividere è prendersi cura», «la privacy è un furto». Dietro ci sta l’idea che «la conoscenza è un diritto fondamentale di tutti gli uomini. Parità di accesso a tutte le esperienze umane possibili: ecco il diritto fondamentale che abbiamo tutti». Perché privare chi non ha la possibilità di viaggiare, per ragioni economiche o fisiche, della meravigliosa vista che tu stai egoisticamente contemplando sul cocuzzolo di Macchu Picchu? Nulla andrà più perduto: «tutto quello che succede dev'essere conosciuto» (ma si potrà anche affermare, alzando l’asticella: che diritto hai di tenerti i tuoi pensieri per te?).

Di qui basta un passo per approdare all’utopia grillina della trasparenza totale della politica, secondo cui non c’è nulla di celato che non debba essere gridato sui tetti, perché dietro la riservatezza c’è sempre e solo qualcosa da nascondere. Un passetto ancora ed eccoci alla democrazia diretta, obbligatoria e immediata, come rimedio al progressivo allontanamento delle masse dalla partecipazione politica. Con un unico account avrai anche accesso alle liste elettorali (siamo negli USA, dove di volta in volta devi reiscriverti), ma esso si bloccherà, tagliandoti fuori da tutto, se non risponderai seduta stante ai quesiti su cui ti verrà richiesto di volta in volta un parere. Dobbiamo inviare un drone per eliminare il noto terrorista islamico in Afghanistan? Con un clic, in tempo reale, come il televoto di San Remo, ecco un’istantanea precisa delle intenzioni dell’intero popolo americano, che i mandarini di Washington, a quel punto, si limiteranno semplicemente ad eseguire, meri portavoce della volontà generale, con immensi risparmi per le finanze statali e la possibilità di effettuare investimenti più utili che comprare l’ennesimo stock di matite copiative e cabine elettorali. “Devi partecipare”: ecco il nuovo imperativo categorico post-kantiano. Naturalmente tutto questo ha dei costi: «sembra perfetto, sembra progressista, mentre implica più controllo, più monitoraggio centralizzato di tutto quello che facciamo». Un mondo di luce sempre accesa sarebbe davvero auspicabile oppure abbiamo il diritto, ogni tanto, di staccare la spina? Siamo davvero a un passo dalla mobilitazione totale profetizzata da Junger ai tempi della Grande Guerra? Poi, per carità, la storia è imprevedibile, il 1984 è passato e persino il temibile Grande Fratello ha fatto la fine che ha fatto e oggi è identificato con la faccia sfatta di Malgioglio, però una sbirciatina su questo ipotetico scenario futuro vale la pena darla, giusto per capire un po’ meglio qual è la posta in palio ed evitare di infilarci per distrazione attorno al collo il cappio dorato di una rinnovata forma di servitù volontaria.

(finito il 12 agosto 2017)

Ho parlato di


Dave Eggers
Il Cerchio
(Mondadori, 2017)

trad. di V. Mantovani

396 pp. | 14,50 €

(ed. or. The Circle, 2013)

1 commento:

  1. Concordo con questa divertente e colta recensione. Anch'io leggendo questo libro ho capito meglio il mondo. Il testo si rivela davvero molto utile per immaginare ciò che potrebbe essere il domani. E' vero, gli scrittori americani hanno un passo lungo in questo, riescono a vedere molto più in là di noi. Quello che tuttavia manca a Il cerchio è lo "spessore" dei personaggi, che a mio parere risultano piatti, statici e monolitici, dei modelli usciti dalla penna di chi segue in maniera pedissequa i dettami delle scuole di scrittura. Peccato! Il materiale narrativo è veramente molto interessante!

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