giovedì 18 aprile 2024

Klara e il sole

Io su Kazuo Ishiguro non sono proprio riuscito a farmi ancora un’idea precisa. Di lui dovrei apprezzare il fatto che per suo tramite, sottovoce, (sebbene non sia né il primo caso, né l’unico), la fantascienza abbia trovato un suo dignitoso posticino sul Parnaso dei Nobel, così come di fatto ne apprezzo il coraggio intellettuale di cimentarsi con i problemi fondamentali del nostro tempo - in questo caso il rapporto con le macchine e le intelligenze non umane – e soprattutto la sobrietà di provarci senza cedere alla diffusissima tentazione del profetismo d’accatto o del presenzialismo, ma attingendo alle risorse proprie della narrazione e al tempo profondo di una scrittura centellinata con parsimonia. Eppure, dopo la non proprio esaltante esperienza vissuta col romanzo precedente (certo non brutto, ma neanche travolgente, più da ni che da sì), non credo che gli avrei dato così rapidamente una seconda occasione, se quello che all’epoca era il suo nuovo libro non fosse stato scelto dai miei colleghi di italiano per essere proposto come lettura agli studenti delle nostre classi comuni. E che cosa ne ho ricavato? Che ho le idee ancor meno chiare di prima.

Provo a darmi un ordine. L’atmosfera iniziale del racconto è vagamente asimoviana: in un futuro imprecisato, due androidi programmate e commercializzate per fare da compagnia a delle adolescenti attendono che si manifesti la loro acquirente, osservando e interpretando a proprio modo la vita che scorre nella strada oltre la vetrina in cui sono esposte, finché Klara, una delle due, particolarmente sveglia e intuitiva, quasi anomala nella sua spontanea curiosità di comprendere il mondo circostante, viene scelta da Josie, una quattordicenne la cui salute fragile, come poi si scoprirà, dipende dagli effetti collaterali di un processo attuato, paradossalmente, per migliorarne l’intelligenza e consentirle così di accedere alle scuole più avanzate del paese, al termine di una fase di studi propedeutici svolti attraverso una sorta di DAD personalizzata che, come accade a tutti i suoi coetanei sottoposti allo stesso trattamento, le preclude quelle regolari esperienze sociali che potrebbero avvenire nelle aule di una scuola. Di qui, appunto, la decisione dei genitori (separati) di metterle a fianco quella che un tempo si sarebbe detta robot e oggi si chiamerebbe IA, perché abbia qualcuno con cui passare il tempo, ma anche per un motivo più sinistro, preannunciato implicitamente sin dalle prime pagine e poi rivelato a poco a poco, man mano che emergono anche i sensi di colpa della madre di Josie, che ha già perso una figlia per le complicazioni intercorse in seguito allo stesso tipo di intervento cui ha sottoposto anche la secondogenita. In questo modo, una storia che inizialmente sembrava parlare di ragazzini e poteva sembrare rivolta a dei ragazzini finisce per coinvolgere anche i genitori, ponendo questioni umanissime – cosa fare e fino a che punto ci si può spingere per garantire un futuro positivo ai propri figli? In che modo riparare agli errori che si può aver commesso finché si è scelto per loro e al posto loro? - in un contesto che però sembra offrire soluzioni totalmente inedite rispetto a quelle cui siamo stati fin qui abituati e che non è detto siano poi davvero tanto lontane dal nostro presente.

Partendo da queste premesse, Ishiguro esplora il terreno, rivoltandolo di continuo e sollevando così una quantità enorme di possibili spunti di riflessione – anche perché, nel farlo, con un audace virtuosismo, assume il punto di vista di Klara, che per quanto sia stata costruita per simulare un’intelligenza umana, umana non è e perciò talvolta descrive in termini per noi del tutto anomali situazioni altrimenti ordinarie, con continui effetti stranianti per affrontare i quali è richiesto al lettore uno sforzo supplementare d’attenzione, che può in effetti incidere sulla mia valutazione. Così, sebbene talvolta le informazioni che Klara riceve attraverso i suoi visori ottici e che processa con i suoi circuiti producano movimenti di pensiero familiari e sin troppo umani (per esempio nel modo in cui si rivolge al sole come principio di alimentazione fotovoltaico delle batterie che la mantengono in funzione), altre volte il suo sguardo può rivelare invece qualcosa che per assuefazione rischiamo invece di non cogliere in quanto ci circonda. Come le viene detto a un certo punto: «sei un’AA intelligente. Può darsi che tu riesca a vedere cose che noi non vediamo».

Mi limito al caso più evidente. Quando si scopre che i genitori di Josie stanno valutando, qualora la figlia morisse, se sostituirla con Klara, perché lei potrebbe riprodurne perfettamente la voce, le movenze, i tic, e si stanno per questo avvalendo della consulenza di un progettista allo scopo di costruire un androide in tutto e per tutto simile a Josie in cui eventualmente scaricare la coscienza di Klara – un po’ come oggi sono già in corso progetti per allenare delle intelligenze artificiali a riprodurre il punto di vista di una persona, così da lasciare qualcosa di lui ai suoi familiari quando lui non ci sarà più - il padre di Josie, pur se ingegnere, esprime apertamente il timore «che la scienza abbia ormai dimostrato al di là di ogni dubbio che non c’è niente di tanto unico in mia figlia, niente che i nostri strumenti moderni non sappiano portare alla luce, copiare, trasferire. Che le persone sono vissute insieme per tutto questo tempo, per secoli ormai, amandosi e odiandosi e sempre sulla base di un presupposto sbagliato. Una specie di credenza superstiziosa che abbiamo mantenuto in vita, per ignoranza» - la credenza, cioè, nell’io come principio autonomo di identità e soggetto irripetibile di personalità. La risposta data da Klara effettivamente è folgorante: «Mr Capaldi [lo scienziato incaricato di realizzare la “nuova Josie”] pensava che dentro Josie non ci fosse niente di tanto speciale da non poter essere proseguito. Diceva alla Madre che aveva cercato dappertutto e non l’aveva mai trovato. Ma adesso credo che non cercasse nel posto giusto. C’era invece qualcosa di molto speciale, ma non era dentro Josie. Era dentro quelli che l’amavano. Ecco perché ora credo che Mr Capaldi si sbagliasse e che io avrei fallito». Leggendo pagine come queste, complice il tono elegiaco e crepuscolare del racconto, capisco che un animo sensibile porsa farsi toccare al punto da arrivare persino alle lacrime. Io però non sono fra questi.

(finito il 4 febbraio 2022)

Ho parlato di


Kazuo Ishiguro
Klara e il sole
(Einaudi 2021)

trad. di S. Basso

276 pp. | 19,50 €

(ed. or.: Klara and the sun, 2021)

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